Rischio Rumore

da PUNTO SICURO

 I traumi acustici che possono condurre ad ipoacusia professionale, rappresentano ancora oggi uno dei rischi più diffusi, specialmente negli ambienti produttivi. E malgrado la diffusione e crescita di altre malattie professionali in questi ultimi decenni, l’ipoacusia rimane una malattia professionale molto diffusa negli ambienti di lavoro.

Proprio in relazione alla diffusione del rischio rumore nel mondo del lavoro e alla necessità di migliorare le strategie di prevenzione nelle aziende, ci soffermiamo oggi sul tema della valutazione del rischio rumore con riferimento ad un intervento al corso di aggiornamento ECM “Il rumore negli ambienti di lavoro” che – organizzato dall’Associazione Medici Competenti Campani (AS.ME.CO.) e l’Associazione TESEO – si è tenuto il 14 giugno 2018 a Pozzuoli (Napoli).

 

Il rischio rumore e gli obblighi del datore di lavoro

Nell’intervento “La valutazione dei rischi in relazione al rumore negli ambienti di lavoro”, a cura dell’Ing. Giorgio Gallo e con un approfondimento del Dott. Andrea Ciervo, si ricorda che il rischio rumore, se presente, è un rischio di tipo endogeno “e quindi caratterizzato da esposizione professionale (cioè derivante dall’uso di attrezzature di lavoro, in modo diretto, oppure quale fattore ambiente-correlato)” ma il nesso eziologico in caso di patologia “è spesso difficile da associare a determinati fattori lavorativi specifici, in quanto:

  • Ha genesi multifattoriale (…e multiaziendale!);
  • Può coesistere una esposizione extra-lavorativa”. 
  • Inoltre si ricorda che il datore di lavoro nella valutazione dei rischi “deve tenere conto di molti fattori, i quali possono influenzare enormemente l’esito e le conseguenti misure di prevenzione e protezione”. Ad esempio:

    • “Tempi di esposizione (certi… o incerti?);
    • Configurazione delle mansioni espletate (chi fa che cosa e come);
    • Cambi di mansione (si riassocia la nuova classe di esposizione?);
    • Alta variabilità delle lavorazioni (quale rischio?);
    • Indosso dei DPI-u (dai tempi di utilizzo a… l’utilizzo combinato!)”. 

    E il datore di lavoro deve valutare:

    • rischi per la salute: “effetti diretti e danno cronico, effetti extra-uditivi;
    • rischi per la sicurezza: effetti diretti e danno acuto, comprensibilità dei segnali di sicurezza”;
    • aspetti organizzativi: aspetti che influenzano i rischi «cronici» e «acuti» (“variabilità dei tempi di esposizione, cambi di mansione, scelta DPI-u senza valutazione, acquisto attrezzature e ricollocazione e/o spostamento in reparto, variabilità dei tempi di indosso DPI-u, ecc.”).

     

    Il datore di lavoro nella valutazione dovrà poi coinvolgere, oltre a se stesso, anche:

    • “l’RSPP (conoscenza normo-tecnica);
    • Dirigenti (conoscenza gestionale);
    • Preposti (conoscenza operativa);
    • Medico Competente (conoscenza sanitaria e medico-legale);
    • l’RLS (conoscenza trasversale)”.  

    Chiaramente l’insieme di tutte le conoscenze sarà “indispensabile per una corretta valutazione dei rischi”. 

     

    La normativa e la sorveglianza sanitaria

    L’intervento riporta poi diverse indicazioni normative dal Titolo VIII del D.Lgs. 81/2008.

    Ne riprendiamo alcune con riferimento a quanto contenuto negli articoli 185/186 sulla sorveglianza sanitaria.

     

    Si indica che la sorveglianza sanitaria “è effettuata dal medico competente nelle modalità e nei casi previsti sulla base dei risultati della valutazione del rischio che gli sono trasmessi dal DDL per il tramite del SPP” (Servizio di Prevenzione e Protezione).

    E “nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli alterazione apprezzabile dello stato di salute correlata ai rischi lavorativi il medico competente ne informa il lavoratore e, nel rispetto del segreto professionale, il datore di lavoro, che provvede a:

    1. sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;
    2. sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi;
    3. tenere conto del parere del medico competente nell’attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio”.

    Si ricorda poi che il medico competente nella cartella “riporta i dati della sorveglianza sanitaria, ivi compresi i valori di esposizione individuali comunicati dal DDL per il tramite del SPP”. 

     

    La valutazione del rischio rumore

    La relazione si sofferma poi sia sulla documentazione specifica e generale ( Relazione tecnica in materia di valutazione dei rischi da rumore – RTR, Documento di Valutazione dei Rischi – DVR), sia sui livelli di esposizione e sui valori di azione.

    Noi ci soffermiamo su quanto indicato direttamente riguardo all’articolo 190 (Valutazione del rischio) del D.Lgs. 81/2008.

     

    Come riportato nella normativa il datore di lavoro “valuta l’esposizione dei lavoratori al rumore durante il lavoro prendendo in considerazione in particolare:

    • il livello, il tipo e la durata dell’esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a rumore impulsivo (…sono elementi che dovranno essere considerati nella RTR). È noto infatti che, a parità di contenuto energetico medio, un rumore con componenti impulsive può costituire un’aggravante, in termini di rischio di danno uditivo, rispetto ad un rumore privo di tali componenti. La segnalazione di tale aggravante può risultare di estrema utilità per il medico competente ai fini della sorveglianza sanitaria” (e a sua volta il medico può comunicare al tecnico eventuali fastidi e picchi rilevati dai lavoratori);
    • “i valori limite di esposizione e i valori di azione;
    • tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento alle donne in gravidanza e i minori;
    • le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica”. L’intervento segnala che “relativamente ai lavoratori particolarmente sensibili, il Medico Competente relazionerà in merito all’opportunità di approfondimento sulla base dei dati a sua disposizione”;
    • “tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni”. A questo proposito l’intervento ricorda la norma ISO 7731:2009 (Ergonomia – Segnali di pericolo per luoghi pubblici e aree di lavoro – Segnali acustici di pericolo); 
    • “le informazioni sull’emissione di rumore fornite dai costruttori dell’attrezzatura di lavoro in conformità alle vigenti disposizioni in materia;
    • l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre l’emissione di rumore;
    • il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l’orario di lavoro normale, in locali di cui è responsabile;
    • la disponibilità di dispositivi di protezione dell’udito con adeguate caratteristiche di attenuazione;
    • per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l’attività svolta e fra rumore e vibrazioni”.

     

    Concludiamo questa breve presentazione della valutazione del rischio rumore rimandando alla lettura integrale della relazione che si sofferma anche su:

    • interazioni fra rumore, sostanze ototossiche e vibrazioni;
    • la misura dei livelli di rumore (art. 190, comma 2: ‘se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, può fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione’);
    • i dispositivi di protezione individuale dell’udito;
    • la relazione tecnica in materia di valutazione dei rischi da rumore;
    • gli esempi di valutazione del rischio rumore.

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:

“ La valutazione dei rischi in relazione al rumore negli ambienti di lavoro”, a cura dell’Ing. Giorgio Gallo e con un approfondimento del Dott. Andrea Ciervo, intervento al corso ECM “Il rumore negli ambienti di lavoro” (formato PDF, 4.53 MB). 

 

 

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